Interrogazione di Nucara per conoscere il quadro contabile all’interno del quale porre la riforma del federalismo fiscale

Quando gli oneri sono tutti da verificare

Interrogazione parlamentare di Francesco Nucara al Ministro dell’Economia e delle Finanze, 12 maggio 2010

Premesso che:

Moody’s nel suo report sul rischio di contagio del debito degli Stati sovrani ha, forse, espresso una preoccupazione eccessiva nei confronti dell’Italia. A seguito delle proteste, ha quindi precisato che non era intenzione dell’Agenzia di rating coinvolgere il nostro Paese in un giudizio negativo.

La successiva rettifica, tuttavia, non ha modificato il giudizio iniziale, dove, per altro, era stato ben precisato che l’Italia si trovava in una posizione più solida rispetto agli altri Paesi considerati: Grecia, Spagna, Irlanda, Portogallo e Inghilterra. In questi casi, infatti, il rischio sistemico derivava dall’eccessiva esposizione dei relativi sistemi finanziari e dal forte indebitamento delle famiglie. In Italia, invece, il rischio di contagio poteva essere solo la conseguenza del mutato atteggiamento dei mercati nei confronti di tutte quelle economie che presentavano un eccesso di debito pubblico. Sta comunque il fatto che il rating – Aa2 – è stato confermato. Rispetto agli altri Paesi l’Italia si colloca, pertanto, nella terz’ultima posizione, seguita solo da Grecia – A3 – Irlanda – Aa1- e Portogallo: Aa2. La differenza fondamentale sta nel fatto che la sua valutazione è stabile, mentre per le altre economie considerate, si attende una revisione al ribasso.

Negli ultimi giorni lo spread tra i Btp e il bund tedesco ha mostrato forti oscillazioni. Venerdì scorso era pari a 164 punti base per ridursi a 137, il giorno successivo, solo dopo il varo del piano europeo a difesa dell’euro: segno che i mercati scontano una fragilità complessiva dei nostri conti pubblici e chiedono, pertanto, un maggior premio per il rischio.

Nel frattempo lo stesso Ministro dell’Economia annunciava una manovra di 25 miliardi di euro, per gli anni 2011 e 2012, al fine di rispettare le regole di Maastricht, inevitabilmente destinate – come mostra il caso della Spagna, della Grecia e del Portogallo – a divenire più stringenti.

Nulla invece è immutato, nei propositi del Governo, di pervenire quanto prima alla riforma del federalismo fiscale, di cui è stato emanato il primo decreto legislativo per il trasferimento di parte del demanio agli enti locali "a titolo gratuito", facendo così venir meno un cespite importante dello Stato centrale, la cui valorizzazione e successiva dismissione a titolo oneroso avrebbe potuto contribuire a ridurre la dimensione del debito pubblico.

Tutto ciò considerato, chiede

cosa intenda fare il Governo per far conoscere al Parlamento il quadro contabile, all’interno del quale collocare la prevista riforma del "federalismo fiscale" e se lo stesso non intenda congelare qualsiasi eventuale provvedimento in attesa di una verifica puntuale dei relativi oneri. Il tutto alla luce della grave crisi finanziaria in atto i cui esiti finali, nonostante l’importante provvedimento assunto a livello europeo, sono tutt’altro che scontati.

Risponde Elio Vito, Ministro per i rapporti con il Parlamento

Signor Presidente, in via preliminare voglio dire all’onorevole Nucara che la delega per il federalismo fiscale si inserisce in una riforma complessiva che è stata già avviata, dal punto di vista delle funzioni amministrative con le leggi Bassanini e di quelle legislative con la riforma del Titolo V della Costituzione.

Si deve intervenire, quindi, sul fronte del finanziamento ancorato ad un modello di finanza derivata che ha provocato una forte dissociazione della responsabilità impositiva da quella di spesa, dando luogo ad un’anomalia strutturale.

Mantenere un modello sostanziale di finanza derivata in un Paese che con la riforma costituzionale del 2001 ha decentrato forti competenze legislative, crea gravi confusioni, dissocia la responsabilità impositiva da quella di spesa, favorisce la duplicazione di strutture.

La possibilità di rivedere questa situazione è riportare l’Italia sulla strada della trasparenza e dell’efficienza, che non è naturalmente né semplice, né immediato. Proprio per questi motivi la legge delega sul federalismo fiscale ha assunto il carattere bipartisan di riforma condivisa.

L’attuazione della delega sul federalismo fiscale presuppone l’esistenza di informazioni dettagliate e precise sul mondo dei governi locali, i loro sistemi tributari, la struttura e la composizione della loro spesa.

Certamente la complessità della legge non è l’unica difficoltà con cui Governo deve confrontarsi. Sebbene la Costituzione ai sensi dell’articolo 117, secondo comma, lettera r), assegni la competenza in via esclusiva allo Stato in materia di coordinamento informativo statistico e informatico dei dati dell’amministrazione statale, regionale e locale, la maggiore trasparenza dei conti pubblici deve costituire patrimonio comune, utile non solo allo Stato, ma anche alle regioni e agli enti locali.

In linea con quanto esposto, quindi, pur ritenendo condivisibili le preoccupazioni prospettate in ordine alla crisi finanziaria in atto a livello europeo e che sono, come dimostrano gli eventi degli ultimi giorni, alla massima attenzione del Governo, si fa presente che la commissione tecnica paritetica per l’attuazione del federalismo fiscale continua a lavorare alacremente per promuovere la realizzazione della riforma. Questa riforma è finalizzata ad un miglioramento della finanza pubblica italiana rendendo i centri di spesa maggiormente responsabili e valorizzando le risorse a disposizione degli enti territoriali.

Replica di Francesco Nucara

Ringrazio il signor Ministro, lo ringrazio di cuore, però la riforma sul federalismo non è bipartisan perché lei sa che, due giorni prima che scadesse la legislatura 1996-2001, è stata approvata la riforma del Titolo V e poi il Governo - si è detto - ha fatto un’altra riforma diversa, che poi è stata bocciata dal referendum. Quindi sono due riforme diverse, cioè la visione che l’attuale maggioranza aveva del federalismo era diversa da quella approvata, e tuttora vigente, dal Governo presieduto dal Presidente Prodi.

Lei, signor Ministro, è troppo giovane per sapere quello che è successo nel 1951 con l’alluvione del Polesine. In quell’occasione fu tassata tutta l’Italia: io, quando ero ragazzino, andavo al cinema e il biglietto costava di più, perché c’era una tassa per l’aiuto agli alluvionati del Polesine.

Quindi, stiamo attenti a dire che le regioni devono gestire i conti in modo da pareggiarli, perché c’è una solidarietà nazionale che non va dimenticata. Pertanto, il problema è diverso da quello che vogliamo affrontare. Le parla uno che, se mi è consentito con un po’ di immodestia, è erede di Mazzini e di Cattaneo, che litigavano sul federalismo e sull’unità d’Italia. Cattaneo non voleva il federalismo per dire "ognuno faccia i conti a casa propria e non sia solidale con gli altri", voleva l’unità italiana federata, come la Svizzera o gli Stati Uniti, che è cosa diversa dal federalismo che leggiamo sui giornali.

Quindi, su questo dobbiamo lavorare. Le infrastrutture nel "suo" e nel "mio" Mezzogiorno qualcuno le deve fare! Non le possono fare le regioni, le deve fare lo Stato! La mia salute, se non modifichiamo la prima parte della Costituzione, è compito dello Stato italiano non della mia regione. Ci vuole un federalismo solidale che consenta a tutti i cittadini italiani di essere uguali di fronte alla Costituzione italiana, non di essere diversi perché si è nati in un posto invece che in un altro.